Napoleone – la morte di Dio -Teatro Romano di Verona

Napoleone – la morte di Dio nella meravigliosa cornice del Teatro Romano di Verona

Si legge per dimenticare, per estraniarsi dalle brutture della vita e, allo stesso tempo, per assaporarla meglio, per affrontarla con più coraggio.
Ma perché si scrive?
Davide Sacco, scrivendo, prova ad affrontare il dolore, quello più bruciante, la perdita di un padre, la perdita di una certezza.

©Ivan Nocera

Lino Guanciale veste, con la consueta eleganza, i panni di Victor Hugo che assiste ai funerali di Napoleone, vent’anni dopo la sua morte a Sant’Elena, quando le sue spoglie sono riportate in patria.

L’attore inizia un’analisi straziante della pena per la scomparsa di una figura fondamentale di riferimento che può avere molti volti, un padre della Patria, un eroe, un imperatore, Dio o un semplice pater familias.

I figli/semplici cittadini o il figlio biologico provano lo stesso scoramento, un profondo senso di abbandono.

La parola “orfano” si associa alla figura di un bambino, ma come si può consolare, difendere, proteggere un “orfano adulto”?

Il processo meditativo è fuori dagli schemi, scarnifica l’argomento in tutti i suoi aspetti più intimi e biechi: la farsa dei funerali di stato, ma anche quella quotidiana nell’organizzazione delle esequie di un uomo qualunque, la scelta di statue di gesso o di una bara piuttosto che un’altra, la mercificazione della morte e l’ipocrisia di chi non sente il dolore ma lo simula.

Si spinge fino in fondo il testo di questo giovane talentuosissimo drammaturgo, si spinge nella perdita di dignità, nella rabbia di chi resta, nell’impossibilità di un congiunto di tollerare le manifestazioni di cordoglio di amici e parenti, la voglia di cacciare tutti via per poter vivere in pace il proprio strazio senza testimoni.

Chiunque abbia subito un lutto importante non può uscire da questo spettacolo senza sentire una stretta al cuore terrificante, un flashback sincero, quasi spietato del proprio vissuto.

Un nano deforme grida ” Viva Napoleone” al passaggio del feretro di Bonaparte, un nano che piange un gigante.

Allo stesso modo noi, ognuno di noi, è il nano quando perde un padre, perde il suo Dio e diventa, a sua volta, un gigante per il proprio figlio.

Quando perdi un padre, perdi una certezza basilare della vita, colui che sarà disposto a tutto per te, colui che proteggerà la tua sicurezza; ti senti nudo e inerme, persino mentre lavi e osservi il corpo esanime del tuo progenitore: la sua nudità fisica rivela la tua nudità nell’anima.

Ho letto un commento che sosteneva che il pubblico esce da “Napoleone – La Morte di Dio” entusiasta ma senza porsi domande.

Non credo che chi ha concepito questa frase abbia colto l’essenza di questo enorme lavoro: non ci sono domande e risposte, c’è solo la cruda e attenta analisi dei nostri sentimenti più profondi, il bisogno estremo di affrontare tutta la nostra fragilità di uomini, o di nani, di fronte al lutto, alla perdita di ideali e certezze, alla scomparsa di Dio…

Ho pianto, copiosamente e anche poco dignitosamente, ho affrontato diversi traumi personali, la mancanza di piccole e stupide abitudini quotidiane, la paura, la mia rabbia e anche la nostalgia.

Ho tenuto per anni un cardigan blu di lana grezza nell’armadio; era di papà e l’ho annusato spesso per recuperare il ricordo, il suo odore che mi mancava così tanto.

Non ho avuto un fantastico padre senza macchie e difetti, ma un uomo complicato che ha segnato in ogni caso la mia strada e la cui assenza si è fatta sentire spesso.

A sostenere il viaggio di Lino Guanciale in questa serata speciale c’erano la voce meravigliosa di Simona Boo, che ci ha regalato la versione più struggente mai udita di “Cosa sono le nuvole” di Modugno, e Amedeo Carlo Capitanelli, inquietante becchino equilibrista.

Tra teli di plastica stesi, come gli anni che passano, la polvere sollevata, simbolo stesso della morte, la musica che colpisce dritta al cuore e la performance di una bravura disarmante di Guanciale, non c’era alcuna possibilità di tornare a casa inermi, sereni e spensierati, senza sentirci un po’ orfani di qualcuno o qualcosa.

Non so perché o per chi uno scrittore lavori, ma so che Davide Sacco mi sembra sempre lo faccia proprio per me, ed è una sensazione bellissima.

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2 commenti

  1. Bravissima mi hai fatto capire Napoleone la morte di Dio come fossi li con te

    1. Grazie mille Gianna. È stato davvero commovente.

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